
Origini storiche 1
Non è possibile datare con certezza l’arrivo del Cristianesimo nelle Isole britanniche, infatti ci sono al riguardo diverse interpretazioni. In un modo o nell’altro l’annuncio evangelico, la proclamazione della morte e risurrezione di Gesù, approdò nelle terre dei Britanni qualche tempo dopo gli eventi terreni di Cristo.
Il Cristianesimo venne portato in quel luogo che diventerà la Britannia (nome che i Romani daranno, dopo la conquista, a quella terra conosciuta come le attuali Inghilterra, Galles e Scozia meridionale) nell’ultimo anno di vita dell’imperatore romano Tiberio Giulio Cesare Augusto, più noto con il solo nome di Tiberio, nell’anno 37 d.C. Questa posizione fu sostenuta con fermezza nel VI secolo d.C. da san Gildas di Rhuys, detto il Saggio, abate e cronista. Ciò avvenne grazie ad alcuni discepoli di Gesù provenienti proprio dalla Chiesa di Gerusalemme, desiderosi di portare il messaggio evangelico a tutti i popoli della Terra (quella allora conosciuta). Uno fra tutti, di questi discepoli, fu san Giuseppe d’Arimatea. Di lui si sa ben poco, le uniche informazioni sono quelle che ci derivano dai quattro Vangeli. Uomo benestante e membro del Sinedrio, simpatizzò per la causa di Gesù e ne seguì gli insegnamenti in segreto per paura di ritorsioni. Proprietario di un facoltoso mausoleo di famiglia a Gerusalemme, che fece scavare in una cava rocciosa (predisposto probabilmente per la sua stessa sepoltura). Recandosi da Pilato chiese il corpo di Gesù, occupandosi della sua sepoltura. Insieme a un certo Nicodemo depose dalla croce Gesù morto, il tramonto ormai imminente e con esso l’inizio del riposo sabbatico. Il suo corpo esanime venne ricomposto con tutti gli onori e collocato nel suo sepolcro, vicino al luogo della crocifissione. Alcuni anni successivi all’ascensione di Gesù e dopo un lunghissimo viaggio, Giuseppe ed altri missionari sbarcarono sulle coste dell’odierna Glastonbury in Inghilterra.
Ufficialmente la Britannia, secondo uno schema ben preciso, venne conquistata nel 43 d.C. per volere dell’imperatore Claudio, pur di fare di questo luogo una provincia romana. Dopo lo sbarco, l’esercito romano affrontò un popolo molto agguerrito. Tertulliano (scrittore romano, filosofo e apologeta cristiano) in un suo trattato del 208 d.C. menzionerà proprio della Chiesa in Britannia, come giunta in territori non ancora conquistati dall’esercito di Roma. Questa informazione indica che i missionari cristiani, superati i confini dell’Impero romano, giunsero nell’Isola britannica prima del dominio degli imperatori creando così la primigenia Chiesa.
Anche Origene (teologo e filosofo greco antico), qualche anno più tardi di Tertulliano, menzionerà la Chiesa in Britannia sorta però nel periodo delle conquiste romane. Il Cristianesimo presumibilmente introdotto in Britannia insieme alle truppe romane.

Origini storiche 2
Un’altra ipotesi afferma che il Cristianesimo arrivò in Britannia per l’iniziativa di alcuni discepoli di Gesù provenienti dalla regione di Efeso, nel 45 d.C. Questa ipotesi è in qualche modo rafforzata dal fatto che, come si evince dai documenti del Sinodo di Whitby, la Chiesa nelle Isole britanniche usasse come liturgia originaria quella di san Giovanni evangelista che visse proprio ad Efeso (il più giovane Apostolo e il più longevo dei Dodici che, dopo l’esilio sull’isola greca di Patmos e la visione dell’Apocalisse, con l’avvento dell’imperatore Nerva tornerà ad Efeso terminando la sua vita da ultracentenario). Non si può assolutamente dubitare che in epoca apostolica il Cristianesimo venne introdotto prima in Gallia tra i Bretoni, da parte di ex Giudei diventati cristiani oppure dai discepoli della scuola di san Giovanni. In seguito la fede cristiana fu introdotta, data la relativa vicinanza geografica, in Britannia tra i Britanni. Alla facile diffusione di tale credo ai Celti della Britannia contribuì il fatto che i missionari cristiani non giunsero da Roma (con una mentalità dominante), oltre a trovare un terreno vergine ovverosia non ancora sottomessi da nessuno. Questa popolazione gentile con i suoi sacerdoti, le sue usanze, la sua religione genuina, i suoi militari e i suoi governanti fu quasi naturalmente cristiana. Lungi dal modificarla e dal privarla di alcune delle sue qualità, il Cristianesimo la completò e la perfezionò. A differenza di altri popoli che subirono prima la civiltà greca e poi quella romana, quindi uno o due strati culturali sopra la cultura nativa di una determinata nazione. Infatti ovunque il Cristianesimo trovò strati culturali greco-romani e romani.
Nell’anno 63 d.C. anche un altro discepolo di Gesù partì per le Isole britanniche. Identificato come uno dei Settanta discepoli del Signore (menzionati nel Vangelo di Luca 10:1-24) nonché il primo vescovo della Britannia romana: sant’Aristobulo, morto intorno al 90 d.C. Fu uno dei primi organizzatori del Cristianesimo tra i Celti sia in Gallia che in Britannia. È lui che viene indicato come l’iniziatore della Chiesa istituzionale (con i primi delineamenti ecclesiastici) nelle Isole britanniche.
Ci sono numerose prove che il Cristianesimo venne ulteriormente divulgato, in queste terre remote, addirittura dall’influenza dei Padri del deserto; il loro stile di vita intenso spiritualmente, finalizzato al raggiungimento della perfezione cristiana, contribuì alla nascita del Monachesimo celtico. Subito dopo l’importazione del Monachesimo egiziano nell’Impero romano d’Oriente, esso apparve tra i cristiani celtici e divenne rapidamente popolare. Ciò plasmò l’intero impianto della Chiesa paleocristiana celtica, infatti dal V secolo d.C. essa si strutturò prettamente su basi monastiche ed in misura maggiore rispetto al Monachesimo delle altre Chiese cristiane. Centinaia di eremi e monasteri, piccoli e grandi, si diffusero in tutte le Isole britanniche. La vita monastica esaltava ancora di più sia la mentalità che lo spirito celtici. In sei secoli, con un grande lavoro di evangelizzazione, le Isole britanniche vennero tutte cristianizzate.
La comunità cristiana, nata in seguito ai viaggi missionari, non venne denominata immediatamente Chiesa celtica ma Chiesa dei Britanni. Essi, come già descritto, furono una tribù, suddivisa in clan, appartenente alla popolazione celtica e stanziata in antichità sulle Isole britanniche. Qualche secolo dopo tale Chiesa venne denominata celtica perché ai Britanni si aggiunsero altre tribù di Celti quando, dopo la nascita del Monachesimo celtico, i monaci missionari raggiunsero il continente europeo per fondare nuovi monasteri (confrontandosi con i Galli e poi rapportandosi per la prima volta con i Pannoni, un’altra tribù celtica).

Origini storiche 3
La Chiesa celtica, fin dalle sue origini, dalla sua fondazione, fu l’unica organizzazione ecclesiastica nelle Isole britanniche. Questa situazione di sovranità durò fino al VI secolo d.C. e cioè quando sulle coste britanniche sbarcarono alcuni delegati della Chiesa romana. Tale intervento fu fatto per uniformare il Cristianesimo celtico al Cristianesimo latino.
La Britannia, come visto precedentemente, fu conquistata dai Romani nel 43 d.C. sotto l’Imperatore Claudio e divenne una provincia romana. Roma governò la Britannia per circa 400 anni, portandola alla romanizzazione. La Britannia terminò nel 410 d.C. quando l’Imperatore Onorio ordinò il ritiro delle truppe romane dall’Isola. Questo segnò la fine del dominio romano sulla Britannia. L’abbandono di Roma lasciò questo territorio esposto alle incursioni e ai saccheggi dei Pitti e degli Scoti, oltre all’arrivo di Angli e dei Sassoni che iniziarono a insediarsi nell’ex territorio romano. Questo fu l’inizio del periodo della Britannia postromana che sarebbe stato caratterizzato dalla graduale trasformazione dell’Isola e dall’emergere dei regni anglosassoni.
In questo periodo di instabilità socio-politica, papa Gregorio Magno nel 596 d.C. invio nell’ex Britannia romana un gruppo di missionari. Con la scusa di portare oltre la Manica il messaggio del Vangelo, in quanto i regni anglosassoni diventarono nuovamente pagani dopo la partenza dell’esercito romano (il papa riconobbe implicitamente il grande ruolo di cristianizzazione fatto dalla Chiesa celtica), in realtà la Roma papalina iniziò a volersi imporre anche su questi territori. La delegazione, guidata dal monaco benedettino Agostino (che diventerà il primo arcivescovo di Canterbury), giunse nel Kent dove fu accolta dal re Ethelbert che consentì ai missionari di predicare. Dopo aver corrotto funzionari e re, il clero di Roma ottenne il controllo politico-religioso soltanto di alcune aree delle tribù anglosassoni. Successivamente persino il re Ethelbert si convertì alla religione portata da questi missionari romani. L’intento di unificare la Chiesa celtica a quella romana non andò in porto. Agostino è considerato, dalla Chiesa di Roma l’apostolo d’Inghilterra per il suo ruolo fondamentale nella cristianizzazione dell’Isola britannica. Questo però corrisponde al falso, in quanto la Chiesa celtica aveva già cristianizzato le Isole britanniche.
Nel VII secolo d.C. fu fatto un altro tentativo di unificazione forzata della Chiesa celtica con la Chiesa romana. Il tentativo di dominio assoluto su tutto il Cristianesimo continentale, su quello mediorientale e appunto sul Cristianesimo insulare non riuscì totalmente. I desideri smodati dei papi non ebbero successo nelle Isole britanniche per diversi secoli. La Chiesa celtica esercitò la sua importante missione in queste terre per oltre un millennio dell’era cristiana, mantenendo la freschezza della Chiesa apostolica fino al XIII secolo.
A causa delle persecuzioni da parte della Chiesa romana, persecuzioni che divennero sempre più feroci, dal 1200 in poi la Chiesa celtica fu costretta alla clandestinità e tutto il suo patrimonio spirituale (alcune pratiche, determinati riti e tutti i santi), dopo il processo di romanizzazione, venne assorbito dalla Chiesa di Roma che lo diffuse arbitrariamente come proprio (attualmente una parte del patrimonio culturale ed evangelico della Chiesa romana appartiene di fatto alla Chiesa celtica). Alcuni cristiani celtici vissero la loro fede di nascosto, all’interno dei villaggi e delle città. Altri la vissero lontano da tutti, nei boschi e sulle isole minori della Scozia. Più tardi quell’assorbimento, del patrimonio spirituale celtico, fu effettuato, sebbene in minima parte, persino dalla Chiesa ortodossa (la Chiesa celtica venne smembrata letteralmente da altre Chiese, spinte da un desiderio intenso ed insaziabile di potere, di controllo e di influenza sugli altri).
In seguito con le oppressioni della Chiesa anglicana, durante le Riforme ecclesiali del XVI secolo, la Chiesa celtica scomparve quasi completamente dall’opinione pubblica. Con il passare dei secoli nella maggior parte della gente, culturalmente dominata dalle Chiese di Roma e d’Inghilterra, si perse il ricordo dell’antica e gloriosa Chiesa dei Britanni. Essa sopravvisse comunque e nonostante tutto, grazie alla fede, alla forza e alla costanza dei suoi membri, clero e laici, fino a quando non venne formalmente restaurata nel XIX secolo (prima di tale evento, per circa sei secoli, le comunità dei cristiani celtici, diffuse dappertutto, non costituirono mai una grande comunità ecclesiale come invece fu nei secoli di luce della Chiesa celtica).

Struttura ecclesiale
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Uomini servitori
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Liturgie antiche
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